Specie di Lactobacillus come biomarcatori e agenti che possono favorire la salute vaginale

Fonte: Petrova MI et al. Front Physiol 2015; 6: 81.

Il corpo umano è colonizzato da un vasto numero di microrganismi definiti collettivamente come microbiota umano.

Uno dei principali siti del corpo del microbiota è il tratto genitale femminile, comunemente dominato da Lactobacillus spp., in circa il 70% delle donne. Ogni singola specie può costituire circa il 99% dei ribotipi osservati in ogni singola donna.

Le specie più frequentemente isolate sono Lactobacillus crispatus, Lactobacillus gasseri, Lactobacillus jensenii e Lactobacillus iners. Risalendo alle vie d’ingresso di virus e batteri, le specie di Lactobacillus vaginale possono creare una barriera contro l’invasione dei patogeni poiché i principali prodotti del loro metabolismo secreto nel liquido cervicovaginale svolgono un ruolo importante nell’inibizione delle infezioni batteriche e virali.

Pertanto, un microbiota dominato da Lactobacillus sembra essere un buon biomarker per un ecosistema vaginale sano. Tale equilibrio può essere rapidamente modificato durante processi come il ciclo mestruale, l’attività sessuale, la gravidanza e varie infezioni. Un microbiota vaginale anormale è caratterizzato da una maggiore diversità di specie microbiche, che porta a una condizione nota come vaginosi batterica. Le informazioni sul microbiota vaginale possono essere raccolte dall’analisi del fluido cervicovaginale, utilizzando il punteggio Nugent o i criteri di Amsel, oppure a livello molecolare, esaminando il numero e il tipo di specie di Lactobacillus.

Tuttavia, quando si traduce questo in ambito clinico, si deve osservare che l’assenza di un microbiota dominato da Lactobacillus non sembra implicare direttamente una condizione patologica o disbiosi.

Tuttavia, il ruolo benefico delle specie di Lactobacillus vaginale, ampiamente documentato, dimostra il potenziale di quanto noto sulla composizione e sull’attività dei lattobacilli come biomarcatori della salute vaginale.

La fondatezza e l’ulteriore convalida di tali biomarcatori consentiranno di progettare strategie probiotiche ancor più mirate.