Le percezioni dei medici sui probiotici: la mancanza di dati di efficacia ostacola l’innovazione

Fonte: Flach J et al. PharmaNutrition 2017; 5(3): 103-108.

Il ciclo legato all’innovazione dei probiotici sembra essere ostacolato e mentre sono stati postulati importanti limiti, l’influenza dei medici (MD) sull’innovazione probiotica rimane in gran parte non affrontata.

L’obiettivo dello studio che verrà qui di seguito presentato mira a integrare le attuali opinioni sulle barriere all’innovazione dei probiotici rivedendo le percezioni dei medici sui probiotici.

A tale scopo è stato condotto un sondaggio pilota su 1676 medici di medicina generale e 741 medici specialisti dei Paesi Bassi per affrontare le attuali percezioni.

Le risposte di 208 medici di medicina generale e di 207 specialisti medici sono state incluse nell’analisi dei dati. La metà dei medici di medicina generale (51%) consigliava probiotici nella loro pratica clinica, principalmente per AAD – diarrea da antibiotico-terapia (74%) e IBS – sindrome dell’intestino irritabile (51%). La mancanza di evidenze è stata la ragione principale per cui i medici di medicina generale non consigliavano i probiotici (53%). È inoltre emerso che, rispetto ai medici “sostenitori”, un numero significativamente inferiore di medici “non-sostenitori” percepisce i probiotici come sicuri (62% vs 82%) ed efficaci (24% contro 64%), per i quali le principali fonti di informazione sono i media convenzionali (radio, televisione e giornali) (73% contro 39%). I dati di efficacia sui probiotici sono la fonte preferita di informazioni future per tutti i medici di medicina generale (72%).

Pertanto, è stato possibile concludere che, al fine di migliorare le percezioni dei medici di medicina generale sui probiotici e di far progredire l’innovazione in questo campo, sono necessari studi randomizzati e controllati su larga scala che dimostrino un’efficacia dei probiotici coerente con le linee guida per una rigorosa e buona pratica clinica.

Il microbioma intestinale e il suo ruolo nelle malattie cardiovascolari

Fonte: Tang WH et al. Circulation. 2017; 135(11): 1008-1010.

Il tratto gastrointestinale umano è prevalentemente un ecosistema batterico (microbioma) che ospita oltre 100 trilioni di cellule microbiche, con la più alta densità di microbi trovata nel colon. I microbi intestinali sono per lo più co-dipendenti, sia l’uno dall’altro sia dal loro ospite, avvalendosi del supporto metabolico da parte di altri membri della comunità per la sopravvivenza e della relazione simbiotica con l’ospite.
Ad esempio, i microbi intestinali aiutano la digestione dei nutrienti, prevengono la colonizzazione massiva dei patogeni e promuovono l’immunità intestinale, mentre l’ospite fornisce un ambiente favorevole alla sopravvivenza microbica.

Alterazioni del microbioma intestinale (la cosiddetta disbiosi), che portano ad una maggiore suscettibilità a lungo termine ad alcune malattie, possono originarsi precocemente nella vita, in modo simile ai tradizionali fattori di rischio.
Vi è una crescente consapevolezza che i microbi che convivono all’interno dell’ospite contribuiscono spesso al metabolismo globale dell’ospite, e la disbiosi può alimentare una maggiore suscettibilità a malattie metaboliche e immunologiche, che emergono a volte decenni più tardi. Infatti, alterazioni nella composizione del microbioma umano e cambiamenti funzionali associati al metabolismo sono stati implicati nella patogenesi di diverse condizioni croniche che vanno dall’aterosclerosi, alla trombosi, all’obesità e all’insulina-resistenza.

Stress & the gut-brain axis: regolazione del microbioma

Fonte: Foster JA et al. Neurobiol Stress 2017; 7: 124-136

L’importanza dell’asse intestino-cervello nel regolare le risposte legate allo stress è stata apprezzata da lungo tempo. Più recentemente, è emerso il ruolo chiave del microbiota nel controllo di questo asse, specialmente in condizioni di stress provocate da stimoli omeostatici reali o percepita.

La dieta è uno dei più importanti fattori capaci di modificare l’equilibrio dell’asse microbiota-intestino-cervello. Le vie di comunicazione tra il microbiota e il cervello vengono lentamente deteriorate e includono il nervo vago, la segnalazione dell’ormone intestinale, il sistema immunitario, il metabolismo del triptofano e i metaboliti microbici come gli acidi grassi a catena corta. Sta emergendo anche l’importanza del microbiota intestinale della prima infanzia nel plasmare i futuri esiti sulla salute.

I risultati di studi preclinici indicano che alterazioni della composizione microbica precoce dovuta a terapia antibiotica, mancanza di allattamento al seno, parto con taglio cesareo, infezioni, esposizione a stress e ad altre influenze ambientali – insieme all’influenza della genetica dell’ospite – possono portare a una modulazione a lungo termine del comportamento e della fisiologia legati allo stress. Il microbiota intestinale è stato implicato in una varietà di condizioni legate allo stress tra cui ansia, depressione e sindrome dell’intestino irritabile, sebbene questo tema sia in gran parte basato su studi condotti su animali o su analisi riconducibili a popolazioni di pazienti.

Ulteriori ricerche sull’uomo sono necessarie per rivelare l’impatto relativo e il contributo causale del microbioma sui disturbi legati allo stress. A questo proposito, il concetto di psicobiotica viene sviluppato e perfezionato per includere i metodi per fissare il target del microbiota perché possa avere un impatto positivo sugli outcome di salute mentale.

Nel 2016, al Neurobiology of Stress Workshop di Newport Beach, CA, un gruppo di esperti presentò il simposio “Il microbioma: sviluppo, stress e malattia”. Vengono qui riassunti e sviluppati alcuni dei concetti chiave del simposio nel contesto di come il microbiota potrebbe influenzare la neurobiologia dello stress.

Spunti di riflessione: il ruolo della nutrizione nell’asse microbiota-intestino-cervello

Fonte: Oriach CS et al. Clinical Nutrition Experimental 2016; 6: 25-38.

Recenti ricerche hanno fornito prove evidenti del ruolo di microbiota intestinale commensale nella funzione e nel comportamento del cervello.

Molti sono i percorsi potenziali coinvolti in questa comunicazione bidirezionale tra il microbiota intestinale e il cervello, come i meccanismi immunitari, il nervo vago e la produzione di neuro-metaboliti microbici. La disbiosi della funzione microbica intestinale è stata associata a deficit comportamentali e neuro-fisici, quindi la ricerca mirata allo sviluppo di nuove strategie terapeutiche per il trattamento di disturbi psichiatrici che puntino al microbiota intestinale sta crescendo rapidamente. Numerosi fattori possono influenzare la composizione del microbiota intestinale come lo stato di salute generale, la modalità di parto e la genetica, ma la dieta è considerata tra i principali fattori cruciali che hanno un impatto sul microbiota intestinale umano, dall’infanzia alla vecchiaia. Pertanto, gli interventi dietetici possono modulare i sintomi psichiatrici associati alla disfunzione del gut-brain axis. Ulteriori studi clinici e in vivo sono necessari per comprendere meglio i meccanismi alla base del legame tra nutrizione, microbiota intestinale e controllo del comportamento e della salute mentale.

L’intestino: il secondo cervello e le sue connessioni con il sistema nervoso centrale

Fonte: Pesce M. Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2017; IX: 50-54.

L’abilità innata dell’intestino di adattare le sue funzioni a stimoli di natura sia endogena che esogena è intimamente legata alla stretta interconnessione tra i neuroni sensitivi e motori del tratto GI e del Sistema Nervoso Centrale (SNC). Con il termine “Asse Intestino/Cervello” (AIC) s’intende quindi…