Celiachia, un virus ‘accende’ la malattia nei bambini predisposti

Fonte: D’Aria I. per RepubblicaSalute – 18 febbraio 2019

Da una ricerca pubblicata su British Medical Journal, è emersa un’associazione significativa tra esposizione a enterovirus e rischio di sviluppare malattia celiaca. Sembra che l’infezione contratta prima di introdurre il glutine nell’alimentazione del bambino sia la causa scatenante della malattia.

Psicobiotici: i probiotici che fanno bene all’umore

Fonte: Jade K per University Health News - 7 dicembre 2018.

Gli psicobiotici sono organismi vivi che, se ingeriti in quantità adeguate, producono un beneficio per la salute in pazienti affetti da malattie psichiatriche

Ma questa definizione, coniata nel 2013, è troppo limitante rispetto alle ultime ricerche che dimostrano come non sia necessario avere una depressione, un disturbo d’ansia o qualsiasi altro disturbo psichiatrico clinicamente diagnosticato per consentire agli psicobiotici di avere un’influenza positiva sul cervello.

L’asse intestino-cervello nella malattia di Parkinson: possibili terapie basate sull’alimentazione

Fonte: Perez-Pardo P et al. European Journal of Pharmacology 2017; 817; 86-95.

La malattia di Parkinson (MP) è generalmente caratterizzata da sintomi motori. Tuttavia, una serie di sintomi non motori precedono l’insorgere di quelli motori e sono i principali responsabili di una peggiore qualità di vita del paziente.
Ad oggi, nessun trattamento è in grado di modificare il decorso di malattia, sebbene molti farmaci, come la levodopa, siano in grado di ripristinare la neurotrasmissione dopaminergica, alleviando così i sintomi motori. Ciò nonostante, i sintomi non motori rimangono sottotrattati. Tra questi, uno dei più comuni è l’alterazione della funzionalità gastrointestinale, solitamente associata ad accumuli di alfa-sinucleina e a infiammazione di basso grado della mucosa enterica. Evidenze crescenti suggeriscono che il sistema nervoso enterico è coinvolto nella progressione patologica della MP volta alla compromissione del sistema nervoso centrale. Inoltre, diversi micr-elementi intestinali potrebbero avere un ruolo centrale sull’asse intestino-cervello, noto sistema di comunicazione bidirezionale tra il tratto gastrointestinale e il sistema nervoso centrale.

Gli alimenti potrebbero influenzare tale sistema, alterando la composizione del microbiota o influenzando il funzionamento neuronale sia del sistema nervoso enterico sia del sistema nervoso centrale. Rimandiamo a una revisione completa delle evidenze a sostegno dell’ipotesi che la MP possa avere origine nell’intestino, considerando anche il modo in cui le terapie basate sull’alimentazione potrebbero avere un impatto sulla patologia PD e/o migliorare i sintomi non motori e motori nella MP.

Ruolo del microbiota intestinale nell’invecchiamento: lo stato dell’arte della ricerca

Fonte: Schaeffer A. per Microbioma.it - 30 gennaio 2019

Le ricerche scientifiche mostrano una correlazione tra composizione del microbiota intestinale e prestazioni cognitive, fragilità e comorbilità nei soggetti anziani.
Una revisione della letteratura oggi disponibile condotta da un gruppo di ricercatori dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma e pubblicata su European Review for Medical and Pharmacological Sciences fa il punto della situazione sui risultati degli studi finora condotti per esplorare il legame tra microbiota intestinale e invecchiamento.

Effetti Differenziali di Lactobacillus casei Shirota sulla consistenza delle feci in pazienti con stipsi

Fonte: Chen S et al. - J Neurogastroenterol Motil. 2019 Jan; 25(1): 148–158.

Si prevede che i probiotici offrano benefici ai pazienti con stipsi, ma come i probiotici agiscano sulla consistenza delle loro feci non è chiaro. È stato studiato l’effetto del ceppo Lactobacillus casei Shirota (LcS) sui sintomi della stipsi, in particolare sulla consistenza delle feci, di soggetti cinesi interessati da questo disturbo intestinale.

Pazienti che incontravano i criteri di Roma III per la stipsi sono stati divisi in 3 gruppi in base alla consistenza delle loro feci valutata sulla Bristol Stool Form Scale (BSFS): feci dure, BSFS <3 (HS); feci normali, 3 ≤ BSFS ≤ 4 (NS); feci molli, 4 <BSFS ≤ 5 (SS). Ciascun gruppo ha assunto una bevanda probiotica contenente 1010 unità formanti colonia di LcS al giorno per un periodo 28 giorni.

I risultati dello studio hanno mostrato come la somministrazione di LcS abbia alleviato in modo significativo i sintomi correlati alla stipsi e abbia aumentato la frequenza di evacuazioni in tutti i soggetti. In 4 settimane, la supplementazione con LcS ha ammorbidito le feci nel gruppo HS, ha normalizzato quelle del gruppo SS e non ha alterato la consistenza di quelle del gruppo NS. Le concentrazioni di acidi grassi a catena corta (SCFA) erano più elevate in SS, seguite da NS e HS. L’assunzione di LcS ha aumentato i livelli di SCFA nelle feci del gruppo HS mentre li ha ridotti nel gruppo NS e li lasciati inalterati nel gruppo SS. Inoltre, LcS ha aumentato la numerosità di Pseudobutyrivibrio e di Roseburia nel gruppo HS e ha ridotto quella di Pseudobutyrivibrio nei soggetti SS.

Alla luce di questi risultati è possibile affermare che la supplementazione con LcS migliora i sintomi correlati alla stipsi nei soggetti stitici. Differenze nella consistenza delle feci al basale potrebbero aver determinato effetti differenti. Inoltre, LcS ha riequilibrato la consistenza delle feci, rendendo più soffici quelle del gruppo HS e più consistenti quelle del gruppo SS.
Tali effetti potrebbero essere associati alla modulazione del microbiota intestinale e alla produzione di SCFA

Approfondimento sui probiotici: sostenitori attivi della nostra salute

Fonte: Savarin A per Linkedin - 28 gennaio 2019

La conoscenza dei probiotici e il loro impiego nell’alimentazione umana risale al tempo degli antichi Egizi.
Oltre 2000 anni fa, la popolazione cinese ha iniziato a utilizzare la fermentazione come processo per la conservazione degli alimenti.
Col passare degli anni, la conoscenza dei diversi microrganismi è stata ampliata grazie agli studi di scienziati di fama mondiale: da Pasteur a Metchnikoff a Shirota a Goldin e Gorbach. Naturalmente, alcuni si sono rivelati dannosi per l’essere umano ma, allo stesso tempo, hanno consentito di sviluppare terapie per contrastarne gli effetti nocivi sulla salute. Al contrario, altri microrganismi hanno mostrato di avere notevoli benefici per l’uomo.

Grazie alle continue esplorazioni scientifiche nel campo della microbiologia, nel 2001 la WHO/FAO definisce il concetto di Probiotici: “Microrganismi vivi che, se somministrati in quantità adeguate, conferiscono benefici all’ospite”. Inoltre, stabilisce i criteri secondo i quali un ceppo specifico può essere definito probiotico.

Ecco che la supplementazione con probiotici si dimostra efficace nel contrastare alcuni dei più diffusi disturbi gastrointestinali (stipdi, diarrea), nel rinforzare le difese immunitarie, nel coadiuvare le terapie farmacologiche specifiche per alcune patologie ormai sempre più diffuse nel mondo occidentale.

Quindi, perché non iniziare ad assumere i probiotici?

Lo sviluppo temporale del microbioma intestinale nella prima infanzia: lo studio TEDDY

Fonte: Stewart CJ et al. Nature 2018; 562: 583–588

Lo sviluppo del microbioma dal periodo neonatale all’infanzia dipende da una serie di fattori.
La comunicazione incrociata tra microbiota e sistema immunitario durante questo tempo si pensa sia coinvolta nell’eziopatogenesi di malattie che insorgono in età adulta, come l’autoimmunità insulare persistente e il diabete di tipo 1.

Tuttavia, per quanto se ne sappia, nessuno studio ha condotto un’ampia caratterizzazione del microbioma della prima infanzia in un grande popolazione multicentrica.

Lo studio TEDDY (The Environmental Determinants of Diabetes in the Young) ha analizzato longitudinalmente campioni di feci di 903 bambini di età compresa tra 3 e 46 mesi mediante sequenziamento del rRNA 16S (n = 12.005) e sequenziamento metagenomico (n = 10.867).
Dall’analisi emerge che il microbiota intestinale in fase di sviluppo subisce tre fasi distinte di progressione del microbioma: una fase di sviluppo (3-14 mesi), una fase di transizione (15-30 mesi) e una fase stabile (31-46 mesi). Ricevere il latte materno, sia in modo esclusivo sia parziale, è stato il fattore più significativo associato alle caratteristiche strutturali del microbioma. L’allattamento al seno infatti è associato a livelli più alti di Bifidobacterium (B. breve e B. bifidum), mentre la sospensione dell’allattamento al seno ha comportato una più rapida maturazione microbiota intestinale, come indicato dal phylum Firmicutes. Anche il tipo di parto è stato significativamente associato al microbioma durante la fase di sviluppo, caratterizzata da livelli più alti di Bacteroidi (in particolare B. fragilis) nei bambini nati mediante parto naturale. I Bacteroidi sono stati inoltre associati a una maggiore diversificazione della flora intestinale e a una più rapida maturazione, indipendentemente dal tipo di parto.

Anche i fattori ambientali, comprese la posizione geografica e le esposizioni domestiche (come ad esempio la presenza di fratelli e animali domestici a pelo folto) rappresentano anche importanti covariate.
Un’analisi nidificata caso-controllo ha rivelato associazioni tra tassonomia microbica e sviluppo di diabete di tipo 1 o dell’autoimmunità delle isole di Langerhans.
Questi dati determinano l’assemblaggio strutturale e funzionale del microbioma nella prima infanzia e offrono una base per un’indagine mirata alle conseguenze della comunicazione incrociata microbiota-sistema immunitario sulla salute a lungo termine.

L’alimentazione materna durante la gravidanza è correlata al microbioma del nascituro in modo dipendente dal tipo di parto

Fonte: Lundgren et al. - Microbiome 2018 6:109

Il microbiota intestinale ha un ruolo importante nella salute del bambino e nello sviluppo del sistema immunitario e può essere influenzato dalle esposizioni durante la prima infanzia. L’alimentazione materna può indirizzare la composizione del microbiota intestinale del bambino attraverso il trasferimento verticale dei microrganismi durante il parto naturale e l’allattamento al seno.

È stata esaminata l’associazione tra alimentazione materna durante la gravidanza e il microbiota intestinale del neonato, 6 settimane dopo il parto nelle diadi madre-bambino.
Sono stati raccolti campioni fecali da 145 neonati e la dieta prenatale materna è stata valutata utilizzando un questionario sulla frequenza di assunzione degli alimenti. È stato eseguito un sequenziamento mirato della regione ipervariabile del rRNA V4-V5 16S per caratterizzare il microbiota intestinale del neonato.
Per considerare le differenze nelle linee di base dei profili microbici intestinali dei bambini, le analisi sono state stratificate in base al tipo di parto.

I risultati hanno consentito di identificare 3 cluster di microbiota intestinali, caratterizzati da una maggiore abbondanza di Bifidobacterium, di Streptococco e Clostridium e di Bacteroidi, rispettivamente, nel complesso e per nati mediante parto naturale. Nelle analisi stratificate sui bambini nati con parto naturale e aggiustate per altri potenziali fattori confondenti, l’assunzione di frutta da parte della mamma è stata associata con la struttura della comunità microbica intestinale del bambino (PERMANOVA, p <0,05). Nelle analisi di regressione logistica multinomiale, l’aumento di assunzione di frutta è stato associato a un aumento delle probabilità di appartenere al gruppo Streptococco/Clostridium elevato tra i bambini nati con parto naturale (OR (95% CI) = 2,73 (1,36, 5,46)).
Tra i bambini nati con parto cesareo, sono stati identificati 3 cluster che differivano poco da quelli dei bambini nati con parto naturale e che erano caratterizzati da una numerosità elevata di Bifidobacterium, elevata di Clostridium e bassa di Streptococcus e Ruminococcus, e da un’elevata abbondanza di Enterobacteriaceae. I bambini nati con parto cesareo hanno avuto un aumento della probabilità di appartenere al cluster Clostridium elevato se la mamma aveva seguito una dieta ricca di latticini (OR (IC 95% = 2,36 (1,05, 5,30)). Modelli lineari hanno suggerito ulteriori associazioni tra dieta materna e microbiota intestinale infantile in entrambe le modalità di nascita.

I risultati di questo studio indicano che la dieta materna influenza il microbiota intestinale e che questi effetti differiscono in base al tipo di parto.