Il microbiota e il “cervello sociale”

Fonte: Sherwin E et al. Science 2019;366(6565):eaar2016.

In questa revisione della letteratura si analizza l’importante ruolo del microbiota intestinale nel facilitare lo sviluppo del sistema nervoso, nel programmare i comportamenti sociali e nell’agevolare la comunicazione in diverse specie animali, compreso l’uomo.

La socialità permette di adottare comportamenti mutualmente benefici come la divisione del lavoro e la cooperazione nella cura, e inoltre consente di ottenere una migliore immunità; tuttavia, la socialità può anche facilitare comportamenti negativi come aggressione e coercizione. Sempre più evidenze suggeriscono che, in molte specie animali, il microbiota che abita l’apparato gastrointestinale possa influenzare lo sviluppo del sistema nervoso e programmare i comportamenti sociali. Questa relazione tra ospite e microrganismi simbionti suggerisce che il microbiota possa avere influenzato l’evoluzione dei comportamenti sociali. Infatti, in alcuni tipi di animali il microbiota gastrointestinale è utilizzato come mezzo per facilitare la comunicazione tra individui appartenenti alla stessa specie. Comprendere meglio come il microbiota influenzi il cervello potrebbe aiutare a chiarire i meccanismi causali della socialità e a individuare nuove strategie terapeutiche per i disturbi della sfera sociale, come quelli dello spettro autistico.

Individuato l’anello di congiunzione tra microbiota intestinale e depressione

Fonte: Redazione di Microbioma.it

Alla base della relazione tra microbiota intestinale e depressione potrebbe esserci un meccanismo complesso nel quale sono coinvolti anche gli infiammasomi (componenti molto importanti del sistema immunitario innato) e gli astrociti (cellule del sistema nervoso centrale). A dimostrarlo è un interessante studio cinese condotto su un modello animale, che apre nuove prospettive per il trattamento del più comune disturbo dell’umore.

L’asse intestino-cervello modula il metabolismo e l’appetito dell’ospite

Fonte: Van der Wouw et al. J Nutr 2017;147(5):727-745.

Sempre più studi stanno mettendo in luce la capacità del microbiota intestinale di influenzare l’appetito, il comportamento alimentare e il metabolismo dell’uomo. Per questo il microbiota potrebbe diventare il bersaglio di terapie specifiche finalizzate a migliorare malattie quali l’obesità e i disturbi dell’alimentazione.

 

L’intestino ospita un’enorme diversità di microrganismi che sono essenziali per il mantenimento dell’omeostasi in condizioni di salute e malattia. Le evidenze a favore della capacità di questo microbiota di influenzare l’appetito e l’apporto di cibo sono sempre più numerose.

Le singole specie che compongono il microbiota intestinale sono sottoposte a una pressione selettiva che deriva dalla disponibilità di nutrienti e dalla presenza di altre specie di batteri. Ogni specie batterica presente nell’intestino ha come obiettivo ampliare il proprio habitat e incrementare la propria sopravvivenza mediante la fermentazione specifica di nutrienti e la secrezione di metaboliti, molti dei quali possono influenzare l’appetito e i comportamenti alimentari dell’ospite, influenzando in modo diretto il rilevamento dei nutrienti, l’appetito e i meccanismi di regolazione della sazietà. Tra questi metaboliti prodotti dal microbiota ci sono molecole neuroattive e acidi grassi a catena corta.

Inoltre, il microbiota intestinale è in grado di modificare la funzione della barriera intestinale, interagendo con il metabolismo degli acidi biliari, di modulare il sistema immunitario e di influenzare la produzione di antigeni dell’ospite, influenzando in modo indiretto il comportamento alimentare.

Sempre più evidenze indicano che il microbiota ha un ruolo cruciale nel regolare diversi aspetti del comportamento alimentare e delle comorbidità comportamentali presenti in disturbi dell’alimentazione e del metabolismo. L’importanza della composizione del microbiota intestinale è stata dimostrata nell’obesità, nell’anoressia nervosa e in forme di grave malnutrizione acuta.

Secondo gli autori di questa revisione della letteratura, comprendere i meccanismi attraverso i quali il microbiota intestinale può influenzare l’appetito e il metabolismo dell’ospite può far luce su malattie nelle quali si osserva un’alterazione dell’appetito, come l’obesità e altri disturbi alimentari, indirizzando verso nuove strategie bioterapeutiche.

Interazione tra microbiota intestinale e cervello: un aggiornamento basato su tecniche di neuroimaging

Fonte: Liu et al. Front Neurol. 2019; 10: 883.

In questa revisione della letteratura sono stati passati in rassegna i più recenti studi di neuroimaging che hanno indagato l’asse intestino-cervello, evidenziando come il microbiota intestinale sia associato in modo significativo con la struttura e il funzionamento del cervello, con la funzione cognitiva e con l’umore.

 

Sempre più evidenze indicano che una comunicazione bidirezionale tra microbioma intestinale e sistema nervoso centrale (SNC), nota anche come asse microbiota intestinale-cervello, abbia un ruolo chiave nello sviluppo e nel funzionamento del cervello. Per esempio, alterazioni del microbiota intestinale (MI) sono associate con disturbi neurodegenerativi, psichiatrici e dello sviluppo neurologico, e la modulazione dell’asse microbiota intestinale-cervello mediante probiotici, prebiotici e/o dieta ha effetti preventivi e terapeutici.

L’attuale interpretazione dei meccanismi alla base di questa relazione è basata principalmente, ma non del tutto, su vie di segnale molecolari parallele che coinvolgono il SNC, l’apparato endocrino e il sistema immunitario, e che interagiscono tra loro.

Sebbene molti studi abbiano rivelato gli aspetti periferici di questo asse, esistono pochi dati su come alterazioni strutturali e funzionali del cervello corrispondano a stati del microbiota intestinale in vivo.

Tuttavia, moderne tecniche di neuroimaging e altre tecniche di diagnostica per immagini sono sempre più utilizzate per studiare la struttura, la funzione e gli aspetti molecolari dell’attività cerebrale in esseri umani vivi e in diverse popolazioni di pazienti, aumentando la conoscenza dell’asse microbiota intestinale-cervello.

Questa revisione della letteratura è incentrata su studi recenti effettuati su individui sani e in pazienti con diverse malattie neurologiche, nei quali erano state utilizzate tecniche avanzate di neuroimaging in associazione con analisi del microbioma intestinale.

Nella parte iniziale dell’articolo sono state incluse informazioni tecniche sintetiche sulle modalità di diagnostica per immagini utilizzate; in seguito si sono analizzati gli studi selezionati, giungendo alla conclusione che il profilo del MI intestinale è associato in modo significativo con microstruttura, attività intrinseca e connettività funzionale del cervello, ma anche con la funzione cognitiva e con l’umore.

Disturbi dello spettro autistico e microbiota intestinale

Fonte: Fattorusso A et al. Nutrients. 2019; 11(3).

Sono sempre più numerose le evidenze che hanno mostrato un collegamento tra alterazioni della composizione del microbiota intestinale e i sintomi gastrointestinali e neurocomportamentali osservati nei bambini con DSA.

Negli ultimi anni è aumentato l’interesse per il possibile ruolo del microbiota intestinale come cofattore nello sviluppo dei disturbi dello spettro autistico (DSA), poiché molti studi hanno messo in evidenza la comunicazione bidirezionale tra intestino e cervello (il cosiddetto “asse intestino-cervello”).

L’obiettivo di questa revisione narrativa è stato di analizzare le attuali conoscenze sulla disbiosi e sui disturbi gastrointestinali nei DSA e valutare le attuali evidenze sul ruolo dei probiotici e di altri approcci non farmacologici nel trattamento dei bambini con DSA.

L’analisi della letteratura ha evidenziato che la presenza di disbiosi intestinale nei DSA è stata ampiamente dimostrata; tuttavia, non esiste un unico profilo distintivo della composizione del microbiota in soggetti con DSA. La disbiosi intestinale potrebbe contribuire allo stato infiammatorio sistemico di basso grado osservata in pazienti con comorbidità gastrointestinali.

La somministrazione di probiotici (prevalentemente una miscela di bifidobatteri, streptococchi e lattobacilli) rappresenta il trattamento più promettente per i sintomi neurocomportamentali e la disfunzione intestinale,  ma gli studi clinici sull’argomento sono ancora pochi ed eterogenei.

Saranno necessari studi clinici ben disegnati, randomizzati e controllati con placebo per validare l’efficacia dei probiotici nel trattamento dei DSA e per identificare i ceppi, i dosaggi e le tempistiche di somministrazione più appropriati.

Il latte fermentato con il ceppo Lactobacillus casei Shirota previene l’insorgere di sintomi fisici negli studenti di medicina sottoposti a stress accademico.

Fonte: Kato-Kataoka et al. Benef Microbes 2016; 7(2): 153-156.

Uno studio pilota ha valutato gli effetti del ceppo probiotico Lactobacillus casei Shirota (LcS) sulle risposte da stress psicologico, fisiologico e fisico negli studenti di medicina che affrontano l’esame di stato. In uno studio in doppio cieco, controllato con placebo, studenti di medicina sani hanno assunto latte fermentato con LcS (n=24) o placebo (n=23), una volta al giorno per un periodo di 8 settimane fino al giorno antecedente l’esame.

Sono stati analizzati lo stato psicofisico, i livelli di cortisolo salivare, di serotonina fecale e di L-triptofano plasmatico in 5 momenti differenti (8 settimane prima, 2 settimane prima, 1 giorno prima, immediatamente dopo e 2 settimane dopo l’esame). I sintomi fisici sono stati anche annotati in un diario dagli studenti durante le 8 settimane di assunzione. In associazione ad un aumento significativo dell’ansia il 1 giorno prima dell’esame, i livelli di cortisolo salivare e di L-triptofano plasmatico sono significativamente aumentati solo nel gruppo placebo (p <0,05). Due settimane dopo l’esame, il gruppo LcS presentava livelli di serotonina fecale significativamente più alti (P ​​<0,05) rispetto al gruppo placebo. Inoltre, la percentuale di studenti che ha accusato sintomi addominali e da raffreddore e il numero totale di giorni in cui questi sintomi sono perdurati sono significativamente inferiori nel gruppo LcS rispetto al gruppo placebo, durante il periodo di pre-esame alle settimane 5-6 (p < 0,05 per ciascuna valutazione) e alle settimane 7-8 (p <0,01 per ciascuna valutazione), durante il periodo di trattamento.

I risultati di questo studio suggeriscono che il consumo giornaliero di latte fermentato contenente LcS può esercitare effetti benefici prevenendo l’insorgere di sintomi fisici in soggetti sani esposti a situazioni stressanti.

Psicobiotici: i probiotici che fanno bene all’umore

Fonte: Jade K per University Health News - 7 dicembre 2018.

Gli psicobiotici sono organismi vivi che, se ingeriti in quantità adeguate, producono un beneficio per la salute in pazienti affetti da malattie psichiatriche

Ma questa definizione, coniata nel 2013, è troppo limitante rispetto alle ultime ricerche che dimostrano come non sia necessario avere una depressione, un disturbo d’ansia o qualsiasi altro disturbo psichiatrico clinicamente diagnosticato per consentire agli psicobiotici di avere un’influenza positiva sul cervello.

L’asse intestino-cervello nella malattia di Parkinson: possibili terapie basate sull’alimentazione

Fonte: Perez-Pardo P et al. European Journal of Pharmacology 2017; 817; 86-95.

La malattia di Parkinson (MP) è generalmente caratterizzata da sintomi motori. Tuttavia, una serie di sintomi non motori precedono l’insorgere di quelli motori e sono i principali responsabili di una peggiore qualità di vita del paziente.
Ad oggi, nessun trattamento è in grado di modificare il decorso di malattia, sebbene molti farmaci, come la levodopa, siano in grado di ripristinare la neurotrasmissione dopaminergica, alleviando così i sintomi motori. Ciò nonostante, i sintomi non motori rimangono sottotrattati. Tra questi, uno dei più comuni è l’alterazione della funzionalità gastrointestinale, solitamente associata ad accumuli di alfa-sinucleina e a infiammazione di basso grado della mucosa enterica. Evidenze crescenti suggeriscono che il sistema nervoso enterico è coinvolto nella progressione patologica della MP volta alla compromissione del sistema nervoso centrale. Inoltre, diversi micr-elementi intestinali potrebbero avere un ruolo centrale sull’asse intestino-cervello, noto sistema di comunicazione bidirezionale tra il tratto gastrointestinale e il sistema nervoso centrale.

Gli alimenti potrebbero influenzare tale sistema, alterando la composizione del microbiota o influenzando il funzionamento neuronale sia del sistema nervoso enterico sia del sistema nervoso centrale. Rimandiamo a una revisione completa delle evidenze a sostegno dell’ipotesi che la MP possa avere origine nell’intestino, considerando anche il modo in cui le terapie basate sull’alimentazione potrebbero avere un impatto sulla patologia PD e/o migliorare i sintomi non motori e motori nella MP.

Così abbiamo scoperto il legame tra microbiota e depressione

Fonte: Dott. Dinam T. per Microbioma.it

I ricercatori della University College Cork, in Irlanda, hanno scoperto che il microbiota intestinale nei pazienti depressi è meno diversificato e meno ricco rispetto a quello dei soggetti non depressi. Ce ne parla il Dott. Dinam, capo del gruppo di ricerca che da anni indaga proprio sull’asse intestino-cervello.

I batteri indigeni del microbiota intestinale regolano la biosintesi della serotonina ospite

Il tratto gastrointestinale (GI) contiene gran parte della serotonina del corpo (5-idrossitriptamina, 5-HT), ma i meccanismi che controllano il metabolismo della 5-HT derivata dall’intestino rimangono poco chiari. Uno studio pubblicato su Cell ha dimostrato che il microbiota svolge un ruolo fondamentale nella regolazione dell’host 5-HT. I batteri indigeni formanti spore (Sp) del topo e il microbiota umano promuovono la biosintesi 5-HT da cellule di enterocromaffina del colon (ECs), che forniscono 5-HT alla mucosa, al lume e alle piastrine circolanti. È importante sottolineare che gli effetti microbiota-dipendente sull’ 5-HT dell’intestino influenzano in modo significativo la fisiologia dell’ospite, modulando la motilità GI e la funzione piastrinica.

Sono stati identificati metaboliti fecali selezionati che sono aumentati da Sp e che aumentano i livelli di 5-HT nelle colture di cellule cromaffini, suggerendo una comunicazione metabolica diretta dei microbi intestinali alle EC. Inoltre, l’aumento delle concentrazioni luminali di particolari metaboliti microbici aumenta il 5-HT del colon e del sangue in topi germ-free. Complessivamente, questi risultati dimostrano che gli Sp sono importanti modulatori della 5-HT dell’ospite e mettono ulteriormente in evidenza un ruolo chiave per le interazioni ospite-microbiota nella regolazione dei processi biologici fondamentali correlati a 5-HT.