I probiotici nella pratica clinica: proprietà, caratteristiche e prove di efficacia del Lactobacillus casei Shirota

Fonte: Ubaldi E, Callegari ML. Rivista della SIMG 2019; 4 (26): 41-5.

In questo articolo recentemente pubblicato sulla Rivista Società Italiana di Medicina Generale un medico e una microbiologa, esperti dell’argomento, hanno passato in rassegna le numerose evidenze di efficacia disponibili sul Lactobacillus casei Shirota, il microrganismo probiotico scoperto in Giappone nel 1930 e oggi ampiamente utilizzato nella pratica clinica grazie alla sua capacità di resistere ai succhi gastrici e raggiungere e colonizzare l’intestino.

Un video divulgativo per scoprire i segreti del microbiota umano

Fonte: Nature (Pariente N et al. 18 giugno 2019)

Creato dalla prestigiosa rivista Nature, questo video di animazione sintetizza le principali conoscenze riguardanti l’ecosistema di microrganismi che vivono in simbiosi con l’uomo e i suoi effetti sulla salute. Il video è l’introduzione a “Milestones in human microbiota research”, un ricchissimo percorso multimediale creato da Nature che ripercorre le principali tappe della ricerca sul microbiota umano, a partire dal 1944 fino ai nostri giorni.

Quanto ne sanno i medici sui probiotici? Ecco i risultati di un sondaggio internazionale

Fonte: Fijan et al. Int J Environ Res Public Health. 2019 Aug 28;16(17).

Questo sondaggio, effettuato su oltre 1000 operatori sanitari di 30 Paesi del mondo, ha dimostrato che medici, infermieri e farmacisti possiedono una discreta conoscenza dei probiotici e li utilizzano comunemente nella loro pratica clinica.

 

L’obiettivo di questo studio è stato effettuare un sondaggio sugli operatori sanitari per valutare le loro conoscenze relative ai probiotici. L’indagine è consistita in un questionario Web distribuito via email e attraverso piattaforme di Social media, effettuato utilizzando la tecnica dello “Snowball sampling” per il campionamento statistico.

Hanno partecipato al sondaggio 1066 operatori sanitari (per l’80,6% femmine) di 30 Paesi differenti. La maggior parte degli operatori sanitari ha valutato la propria conoscenze dei probiotici come media (36,4%) o buona (36,2%). Solo l’8,9% degli intervistati l’ha valutata come eccellente. Non è stata rilevata nessuna differenza statisticamente significativa tra maschi e femmine.

Oltre l’80% dei farmacisti, degli operatori delle professioni sanitarie, dei medici/dentisti e degli altri operatori sanitari ha riconosciuto la corretta definizione di probiotici, ovvero “microrganismi vivi che, quando somministrati in quantità adeguata, conferiscono benefici all’ospite in termini di salute”. La corretta definizione, invece, è stata individuata dai tre quarti degli infermieri e delle ostetriche e da meno di due terzi degli psicologi. Una percentuale più elevata di operatori sanitari di sesso femminile ha individuato la corretta definizione di probiotici rispetto a quelli di sesso maschile.

Le specie di batteri più frequentemente riconosciute come aventi ceppi probiotici sono state il Lactobacillus acidophilus (92%), il Bifidobacterium bifidum (82%) e il Lactobacillus rhamnosus (62%).

Per quanto riguarda l’opinione sui contesti di utilizzo dei probiotici, il 90,2% degli intervistati ha affermato che i probiotici sono utili durante la terapia antibiotica, l’83,5% per la diarrea, il 70,6% per la stitichezza, il 63,3% prima di un viaggio all’estero e il 60,4% in caso di allergia.

Quasi il 79% degli operatori sanitari coinvolti nello studio ha affermato di consigliare ai propri pazienti l’assunzione di probiotici e il 57,5% degli intervistati ha espresso il desiderio di saperne di più sull’argomento.

In base a questi risultati gli autori hanno concluso che gli operatori sanitari hanno una conoscenza media dei probiotici, che potrebbe migliorare istituendo programmi di apprendimento dedicati. Secondo i ricercatori, poiché i probiotici hanno numerosi effetti benefici su molti aspetti della salute, è importante che gli operatori sanitari li inseriscano nella loro pratica clinica.

Meccanismi ed efficacia terapeutica dei lattobacilli

Fonte: Di Cerbo A et al. J Clin Pathol 2016; 69(3): 187-203.

Il microbioma intestinale non è un ecosistema silente ma esercita diverse funzioni fisiologiche e immunologiche.
Per molti decenni, i lattobacilli hanno trovato impiego come terapia efficace per il trattamento di diverse condizioni patologiche, riportando un profilo di sicurezza complessivamente positivo.

La review che ci accingiamo a leggere riassume i meccanismi e le evidenze cliniche a supporto dell’efficacia terapeutica dei lattobacilli.

Da un’analisi della letteratura pubblicata sui lattobacilli tra il 1950 e il 2015 è emerso che l’assunzione di questi batteri “buoni” offre benefici nei casi di insufficienza renale, contribuisce alla salute del pancreas, alla gestione dello squilibrio metabolico e trova impiego nel trattamento e nella prevenzione del cancro. Studi in vitro e in vivo hanno dimostrato che un impiego duraturo di lattobacilli induce modifiche qualitative e quantitative all’ecosistema del tratto gastrointestinale umano contrastando le patologie associate e ripristinando le condizioni immunologiche mutate.

Dalla revisione della letteratura, in pochi studi è emerso il rischio di traslocazione con conseguente sepsi e batteriemia dopo somministrazione di probiotici, ma sono ancora necessari ulteriori approfondimenti sull’effetto della dose dei prodotti a base di probiotici. È quindi necessaria una notevole attenzione alla scelta del ceppo di Lactobacillus adeguata, alla stabilità genetica e al rischio di traslocazione, principalmente correlato alla mucosa intestinale resa impermeabile dalla malattie infiammatorie.

Altro aspetto da considerare è determinare l’adeguata quantità di batteri da assumere al fine di conferire la migliore efficacia clinica riducendo al minimo il rischio di effetti collaterali.

Meccanismo d’azione dei probiotici

Fonte: Plaza-Diaz J et al. Adv Nutr 2019;10:S49-S66

I probiotici sono microrganismi viventi che conferiscono benefici per la salute dell’ospite quando somministrati in quantità adeguate.
I prodotti derivanti da batteri deceduti possono anche esibire proprietà probiotiche. Bifidobacterium e ceppi di batteri lattici sono quelli maggiormente impoiegati che esibiscono proprietà probiotiche e sono inclusi in molti alimenti funzionali e integratori alimentari. I probiotici hanno dimostrato di prevenire e migliorare il decorso dei disturbi digestivi come diarrea acuta, nosocomiale e associata ad antibiotico-terapia.

I probiotici hanno inoltre dimostrato di alleviare i sintomi da disturbi allergici come la dermatite atopica (eczema) e la rinite allergica nei neonati, da diarrea da Clostridium difficile e da disturbi infiammatori intestinali negli adulti.
Inoltre, i probiotici possono essere di interesse come coadiuvanti nel trattamento dei disturbi metabolici, inclusi obesità, sindrome metabolica, steatosi epatica non alcolica e diabete di tipo 2.

Tuttavia, i meccanismi d’azione dei probiotici, che sono diversi, eterogenei e ceppo-specifici, hanno finora ricevuto una scarsa attenzione Pertanto, lo scopo di questo studio è stato di rivedere i principali meccanismi di azione dei probiotici, tra cui colonizzazione e normalizzazione delle comunità microbiche intestinali alterate, nei bambini e negli adulti, l’esclusione competitiva e la produzione di batteriocine, la modulazione delle attività enzimatiche fecali associate alla metabolizzazione di sali biliari e l’inattivazione di agenti cancerogeni e di altri xenobiotici.

Inoltre, sono state valutate la produzione di acidi grassi a catena corta e a catena ramificata che, a loro volta, hanno effetti diffusi non solo nell’intestino ma anche nei tessuti periferici, tramite interazioni con i recettori degli acidi grassi a catena corta, modulando principalmente la sensibilità all’insulina tessutale, l’adesione cellulare e la produzione di mucina, la modulazione del sistema immunitario, essenziale nella differenziazione delle cellule T e nella sovra-regolazione delle citochine anti-infiammatorie e dei fattori di crescita, cioè interleuchina-10 e fattore di crescita trasformante, e l’interazione con l’asse cervello-intestino mediante regolazione delle funzionalità endocrine e neurologiche.

Ulteriori ricerche saranno utili per chiarire i precisi meccanismi molecolari d’azione dei probiotici.

Ruolo del microbiota intestinale nell’invecchiamento: lo stato dell’arte della ricerca

Fonte: Schaeffer A. per Microbioma.it - 30 gennaio 2019

Le ricerche scientifiche mostrano una correlazione tra composizione del microbiota intestinale e prestazioni cognitive, fragilità e comorbilità nei soggetti anziani.
Una revisione della letteratura oggi disponibile condotta da un gruppo di ricercatori dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma e pubblicata su European Review for Medical and Pharmacological Sciences fa il punto della situazione sui risultati degli studi finora condotti per esplorare il legame tra microbiota intestinale e invecchiamento.

Approfondimento sui probiotici: sostenitori attivi della nostra salute

Fonte: Savarin A per Linkedin - 28 gennaio 2019

La conoscenza dei probiotici e il loro impiego nell’alimentazione umana risale al tempo degli antichi Egizi.
Oltre 2000 anni fa, la popolazione cinese ha iniziato a utilizzare la fermentazione come processo per la conservazione degli alimenti.
Col passare degli anni, la conoscenza dei diversi microrganismi è stata ampliata grazie agli studi di scienziati di fama mondiale: da Pasteur a Metchnikoff a Shirota a Goldin e Gorbach. Naturalmente, alcuni si sono rivelati dannosi per l’essere umano ma, allo stesso tempo, hanno consentito di sviluppare terapie per contrastarne gli effetti nocivi sulla salute. Al contrario, altri microrganismi hanno mostrato di avere notevoli benefici per l’uomo.

Grazie alle continue esplorazioni scientifiche nel campo della microbiologia, nel 2001 la WHO/FAO definisce il concetto di Probiotici: “Microrganismi vivi che, se somministrati in quantità adeguate, conferiscono benefici all’ospite”. Inoltre, stabilisce i criteri secondo i quali un ceppo specifico può essere definito probiotico.

Ecco che la supplementazione con probiotici si dimostra efficace nel contrastare alcuni dei più diffusi disturbi gastrointestinali (stipdi, diarrea), nel rinforzare le difese immunitarie, nel coadiuvare le terapie farmacologiche specifiche per alcune patologie ormai sempre più diffuse nel mondo occidentale.

Quindi, perché non iniziare ad assumere i probiotici?

Microbiota intestinale: ecco come si sviluppa da zero a 4 anni

Fonte: Guglielmi G. per Microbioma.it – 12 dicembre 2018

Entro la quarta decade di età, la composizione del microbiota intestinale cambia seguendo 3 fasi: fase di sviluppo, fase di transizione e fase stabile. Ma la fase di sviluppo avviene precocemente: già fra il 3° e il 14° mese di vita, influenzando la patobiologia delle malattie che possono insorgere più avanti nel corso della vita.

L’alterazione del microbiota intestinale materno durante la gestazione altera il microbiota e l’immunità della prole

Fonte: Nyangahu DD et al. Microbiome 2018; 6: 124.

Il microbiota della prima infanzia è un determinante chiave dello sviluppo immunitario e metabolico e può avere conseguenze durature.

Il microbiota intestinale materno durante la gravidanza o l’allattamento al seno è importante per definire il microbiota intestinale infantile. È stato quindi ipotizzato che il microbiota intestinale materno durante la gravidanza e l’allattamento al seno sia un determinante critico dell’immunità infantile. Per testare questo, femmine incinte di BALB/c sono state trattate con vancomicina per 5 giorni prima del parto (gestazione, Mg), 14 giorni dopo il parto durante l’allattamento (Mn), o durante la gestazione e l’allattamento (Mgn) oppure non sono state trattate con vancomicina (Mc).
È stata quindi analizzata l’immunità adattativa e il microbiota intestinale nelle femmine e nella prole in vari momenti dopo il parto.

Dalle analisi è emerso che, oltre alle alterazioni dirette della composizione microbica dell’intestino materno, il microbiota intestinale della prole ha mostrato una diversità α inferiore e gruppi distinti di comunità in funzione del periodo in cui la madre era stata trattata con vancomicin.
La vancomicina non era non rilevabile nel siero materno e della prole, quindi i cambiamenti osservati nel microbiota del contenuto gastrico (come indicatore proxy per il latte materno) e dell’intestino della prole spiegano un meccanismo indiretto attraverso cui il microbiota intestinale materno influenza la colonizzazione commensale extra-intestinale e neonatale. Questi effetti sul microbiota hanno influenzato l’immunità sia materna sia della prole. L’immunità materna è stata alterata, come dimostrato da livelli significativamente più alti sia di IgG sia di IgM i totali nel latte materno di Mgn e Mn rispetto a Mc.

Nela prole, il numero di linfociti nella milza di Pg e Pn era significativamente aumentato rispetto a Pc. Questo incremento della cellularità era in parte attribuibile a numeri elevati di cellule sia T CD4 + sia B, di maggior rilievo le cellule follicolari B.

In conclusione, i risultati di questo studio indicano che le alterazioni del microbiota intestinale materno influenzano l’immunità adattativa neonatale.